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Ponti, il più bel lavoro che ci sia

[...] E io ho sempre pensato che i ponti è il più bel lavoro che sia: perché si è sicuri che non ne viene del male a nessuno, anzi del bene, perché sui ponti passano le strade e senza le strade saremmo ancora come i selvaggi; insomma perché i ponti sono come l'incontrario delle frontiere e le frontiere è dove nascono le guerre.

[Faussone in Primo Levi, "La chiave a stella" (1978)]

Sono donna, madre, ebrea, italiana, israeliana, romana e sono una serie di altre cose, un incontro di molteplici colori e identità che si imbattono ogni giorno in realtà diverse e cercano di mettersi in sintonia con tutti. Da che ricordo me stessa mi vedo con le braccia aperte, protese. Una verso mio padre e una verso mia madre, una verso gli ebrei cresciuti nel ghetto di Roma e l’altra verso i figli di coloro che lo avevano lasciato da tempo, una verso gli studi della Torà e dei precetti religiosi ebraici, l’altra verso il movimento giovanile sionista che ha segnato la mia adolescenza. Oggi, le mie braccia sono protese verso studenti e colleghi palestinesi, giordani e israeliani che partecipano a progetti di cooperazione in questa area del mondo, dove sembra, all’apparenza, che non esistano materiali per la costruzione di ponti: il Medio Oriente.

Qui le nostre braccia sono il ponte - “la struttura utilizzata per superare un ostacolo, naturale o artificiale, che si antepone alla continuità di una via di comunicazione “.

Un ponte solido, valido, è costruito su due sponde diverse dello stesso fiume, della stessa strada, ognuna delle quali è volta verso la direzione opposta. L’unico modo per creare una comunicazione è imparare a conoscere queste due realtà. E’ educare e preparare più persone possibili a disinnescare ordigni programmati per la distruzione. Ordigni della mente, come il pregiudizio, l’odio per il diverso, l’intolleranza religiosa, l’aggressività. Esortare a volgersi verso tutte le direzioni per guardare e vedere, per capire ed accogliere.

La mia esperienza educativa nasce dal desiderio profondo di risvegliare l’interesse per la bellezza delle diverse realtà che ho avuto la fortuna di conoscere, vivere in prima persona ed imparare ad amare. Cosi ho creato Beresheet LaShalom, “Un inizio per la pace”, una serie di progetti innovativi che puntano sulla ricerca dell’umano-comune, per la creazione e il consolidamento dell’amicizia e del rispetto tra etnie diverse . Attraverso tecniche ispirate dall’arte, insieme ai miei ragazzi del teatro Arcobaleno, insieme al corpo insegnante delle scuole druse ed ebraiche ortodosse con le quali stiamo creando centri sperimentali, diamo vita, giorno dopo giorno, ad una nuova concezione pedagogica in cui l’identità individuale è motivo di crescita e di potenziamento di una nuova identità collettiva, basata sulla collaborazione e sulla responsabilità dell’individuo verso il gruppo e viceversa. Il teatro multiculturale dell’Arcobaleno – dove si incontrano giovani di diverse culture e religioni del Nord di Israele con coetanei di diversi Paesi del mondo - ha dato vita a un ricco repertorio di spettacoli e laboratori, ispirati ai valori del dialogo, della famiglia e della partecipazione. Attraverso questi incontri sono nate anche nuove metodologie di espressione per diversamente abili, per ragazze a rischio e un programma radio settimanale – Shalom Lecha Salaam - “Pace a te Pace” in lingua ebraica e araba – condotto in ebraico e in arabo dove i ragazzi hanno ormai imparato a collegare storie, sogni e aspirazioni. Le arti si tramutano in un delicatissimo ed avvincente strumento di avvicinamento e i partecipanti hanno modo di esplorare le proprie radici, sviluppare le proprie capacità relazionali, i propri talenti e di acquisire sicurezza in se stessi, imparando ad amare il diverso, lo sconosciuto, con le braccia aperte, protese verso ogni direzione. I ragazzi della Galilea, ebrei, cristiani, musulmani, drusi, etiopi e nuovi immigranti, divengono ponte per le loro famiglie, per i loro coetanei e portano con orgoglio una testimonianza avvincente della loro differente cultura, delle loro tradizioni che lo Stato di Israele, con il suo pluralismo culturale e religioso, con il suo spirito umanistico e positivo, con un volto sorridente, sconosciuto a molti, alimenta con l’ energia dalla fonte più preziosa del mondo: la speranza.
 

Dott.ssa Angelica Edna Calo Livne – Beresheet LaShalom Foundation