Page 14 - Il Processo
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La predetta responsabilità discende anzitutto dall’aver derogato ad acquisiti ed ormai con- solidati principi storici e morali di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge - così come paci camente risultavano tali da oltre settant’anni in tutti gli ordinamenti contemporanei – sanzionando appunto leggi e decreti contrari ad essi.
In tal senso, inoltre, sempre nell’ambito di tale contrarietà alla morale e alla storia, trattan- dosi di principi essenziali della sociale convivenza, e quindi dotati di peculiare rilevanza, ri- sulterebbe anche violato lo spirito dei principi fondamentali espressi dalle principali norme dello Statuto stesso:
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articolo 1 (sulla libertà religiosa),1
articolo 3 (sull’esercizio del potere legislativo),2
articolo 7 (sul potere di sanzione spettante al Re) e, soprattutto dall’art. 24 dello Statuto Albertino, che prevedeva espressamente che:
“Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo e grado, sono eguali davanti alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi”.
In difetto di una norma speci camente correttiva o sostitutiva di questa (cioè dell’art. 24), è infatti da escludere che si potesse derogare ad una norma di principio di così fondamentale importanza e valenza attraverso una via indiretta come quella dell’adozione di una semplice normativa di legge quale quella posta in essere con il complesso di norme introdotte con le c.d. “leggi razziali”.
II)
L’illegalità della condotta così tenuta è evidenziata, altresì, alla stregua della norma fonda- mentale di principio contenuta nell’art. 6 dello Statuto del Tribunale Militare Internazionale di Norimberga, allegato all’Accordo  rmato a Londra l’8 agosto 1945 tra le quattro Potenze Alleate vittoriose – governo provvisorio della Repubblica Francese e i governi degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito di Gran Bretagna e dell’Unione delle Repubbliche Sociali- ste Sovietiche – per sottoporre a giudizio e punire i grandi criminali di guerra delle Potenze europee dell’Asse.
Tale previsione esprime un principio ormai consolidato del diritto internazionale, discen- dente direttamente dal diritto naturale, che individua una fondamentale categoria di crimi- ni avverso i quali ogni Paese civile ha l’obbligo di esercitare l’azione di giustizia: trattasi in specie dei crimini contro l’umanità, categoria entro la quale sono comprese le persecuzioni per motivi politici, razziali o religiosi, vale a dire proprio quel genere di atti dello stesso tipo di quelli contenuti nelle cosiddette “leggi razziali” promulgate in Italia fra il 1938 e il 1944 inizialmente dal regime fascista e, poi, dalla Repubblica sociale italiana.
È così, dunque, che attraverso un uso illegittimo del potere, venne realizzato in Italia un sovvertimento dello spirito dello Statuto, con la conseguenza di determinare in- calcolabili e gravissimi danni diretti non solo verso decine di migliaia di cittadini, ma altresì anche nei confronti dello stesso Regno d’Italia inteso nella sua globalità, sottra-
1 L’art. 1 dello Statuto così recitava: “La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola religio- ne dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.”
2 L’art. 3: “Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato, e quella dei Deputati.”
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