Page 16 - Il Processo
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non espressero il proprio dissenso;
- giuristi, che nelle università, nelle accademie, sulle riviste di diritto o nelle varie sedi istituzionali diedero sostegno tecnico e morale al progetto;
- docenti, che senza indugio o remore morali pro ttarono di posti inaspettatamente resi liberi;
- direttori di giornali, che pubblicarono le notizie sulle leggi senza criticarle o commentarle (così di fatto inducendo il pubblico a ritenerle “normali”);
- scienziati, che non opposero alcuna (facile) obiezione scienti ca alle aberranti e infondate tesi sulla razza e poi, così seguitando,
- tutti coloro che accettarono supinamente o maliziosamente nella propria sfera di attività - pubblica o privata - per comodo, per pavidità o per livorosa convenienza, l’illegale imposizione di una normativa contro natura e negatrice dei più elementari diritti fondamentali dell’uomo.
L’ultimo ef cace baluardo contro la applicazione di una legislazione contraria al diritto na- turale e allo spirito dello Statuto avrebbe potuto e dovuto essere colui che sintetizzava l’essenza della Nazione e la generalità dei cittadini: il Re.
Mancando la sua opposizione e omettendo di esercitare le sue prerogative – o, quanto meno, rinunciando a ricorrere alla più alta espressione del Diritto di Resistenza - Vittorio Emanuele III mancò di esercitare il suo alto ruolo di guida del Regno e di protettore dei di- ritti inviolabili dei cittadini, contribuendo a portare il Paese alle disastrose conseguenze che di lì a poco si sarebbero manifestate in tutta la loro drammaticità, e vale a dire: da un lato, la partecipazione ad una sanguinosa guerra portatrice di devastazioni e morti, condotta a  anco di un regime – quello nazista – espressione di disvalori fondati sulla prevaricazione, sulla dittatura e sull’odio razziale; e, dall’altro, la tragica vergogna delle deportazioni e del successivo genocidio di migliaia di vittime innocenti.
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