Page 39 - Il Processo
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LA DIFESA DEL
“RE VITTORIO EMANUELE III”
IMPERSONATO DA UMBERTO AMBROSOLI
Una considerazione in Diritto, ed il resto in fatto. Non possiamo valutare lo Statuto Alber- tino ed il potere del Re utilizzando il  ltro interpretativo della nostra Carta costituzionale. Intanto è bene ricordare che le costituzioni liberali del XIX Secolo non ruotano attorno ai diritti e al principio di eguaglianza.
Il cuore del diritto costituzionale precedente al secondo con itto mondiale è costituito dai rapporti tra i poteri dello stato ed il loro reciproco controllo.
Non a caso lo Statuto non ha, come la Costituzione repubblicana, i Principi Fondamentali cui ogni norma deve conformarsi, pena la dichiarazione di incostituzionalità.
No.
Vero, riconosce dei diritti e dei doveri dei cittadini, ma attenzione a queste due differenze. Anche i più severi costituzionalisti dell’epoca (come Trentin, giuspubblicista italiano esiliato in Francia, autore del libro “Dallo Statuto albertino al regime fascista”, 1929) evidenziano l’inesistenza nello Statuto di un organo deputato alla tutela del suo contenuto, il Re meno che meno.Di più, riconoscendo la dimensione liberale che aveva voluto la nascita dello Statuto, egli afferma: “Se non c’era nel diritto italiano alcuna istituzione speci camente destinata alla difesa del cittadino contro gli abusi del potere legislativo [tra cui il principio di eguaglianza, ndr], c’era però nella società italiana retta da questo diritto un tribunale competente per giudicare e reprimere questi abusi: l’opinione pubblica”.
Tuttavia, differenza più signi cativa è che lo Statuto, che non a caso non si chiama Costitu- zione, è una Legge  essibile: nel senso che esso è modi cato con legge ordinaria (niente maggioranze quali cate, niente doppio passaggio per ciascuna delle due Camere, né refe- rendum confermativi). Ogni normale provvedimento normativo successivo in contrasto con le sue previsioni – quindi – ne supera le statuizioni.
Ecco perché, contrariamente al capo d’imputazione, nel 1950, con la Sentenza 1624, la Corte di cassazione ha affermato l’ef cacia giuridica delle leggi razziali per conformità all’ordinamento giuridico del tempo. Ma ancora, secondo lo Statuto, a prescindere dal fatto che essi modi chino lo Statuto, è il Re responsabile dei provvedimenti normativi? La risposta è nello Statuto ed è negativa. No!
La responsabilità del Re rispetto ai procedimenti normativi chiarisce i limiti del suo potere; l’art. 4 dello Statuto - immutato in tutti gli anni - attribuisce infatti inviolabilità alla  gura del Re. Non può essere processato, né condannato. Non è contemplata neppure l’ipotesi di Alto Tradimento.
Una inviolabilità che, al pari di altre norme dello stesso Statuto corrisponde, alla responsa- bilità dei Ministri proponenti gli atti portati alla  rma del Re.
In conclusione, quindi, il Re nell’assetto costituzionale vigente all’epoca dei fatti, con la propria sanzione attesta la correttezza e la pienezza dell’iter rivolto alla formazione degli atti normativi: non ne assume la responsabilità per il contenuto.
E questo forse vi aiuta a capire anche la ragione per cui nel tempo io ho  rmato leggi alle quali ero contrarissimo e che limitavano fortissimamente le prerogative della Corona: come
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