Page 8 - Il Processo
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Parecchi si distinsero nella vita pubblica e politica. Era ebreo il celebre sindaco di Roma Er- nesto Nathan così come lo era Luigi Luzzatti, Presidente del Consiglio dei Ministri dal 1910 al 1911, e anche il Podestà di Ferrara Renzo Ravenna, unico ebreo a ricoprire questa carica, da cui fu costretto a dimettersi nel 1938.
Grandi economisti, matematici,  sici, scienziati, furono radiati dai loro istituti e ripararono all’estero. Una perdita incommensurabile per la ricerca, l’industria, l’economia, la cultura italiana.
Alla scienza l’ebraismo italiano avrebbe dato tre Premi Nobel, Emilio Segrè, Salvatore Luria, Rita Levi Montalcini (tutti emigrati in America per le leggi razziali e tutti allievi del grande Giuseppe Levi, anch’egli epurato).
Molti grandi scienziati furono costretti al silenzio e alla miseria, esclusi da quegli istituti che essi stessi avevano creato, come il matematico e  sico Tullio Levi Civita, che si vide persino negare l’ingresso alla biblioteca del suo Istituto di Matematica dell’Università di Roma dal nuovo direttore.
Erano ebrei insigni scrittori come Italo Svevo, Giorgio Bassani, Carlo Levi e il grande poe- ta Umberto Saba – la pubblicazione e circolazione delle loro opere fu proibita dalle leggi razziali.
La celebre scuola di Via Panisperna, punta di diamante della scienza italiana, fu distrutta dalle leggi razziali: era ebrea la moglie di Enrico Fermi, e con lui dovettero lasciare la ricerca e fuggire all’estero Bruno Pontecorvo, Leo Pincherle, Ugo Fano, Eugenio Fubini, Sergio De Benedetti, privando l’Italia del frutto delle loro avanzatissime ricerche di  sica. Una vera e propria fuga di cervelli decretata dallo Stato italiano, che perse il contributo di personalità del calibro dell’economista Franco Modigliani e di matematici e  sici come Vito Volterra e Federigo Enriques.
E persino una celebrità mondiale come Albert Einstein fu radiato il 1 dicembre 1938 dall’Ac- cademia dei Lincei, di cui era socio straniero  n dal 1921.
Le leggi del 1938 furono un’infamia e una aberrazione. Corruppero la coscienza etica del Paese, trasformando gli italiani in delatori e complici dell’iniquità, oppure in testimoni indif- ferenti. Anche se non mancarono esempi individuali di grande valore, magistrati che appli- carono le leggi in modo restrittivo, funzionari che falsi carono i documenti dei perseguitati, gente comune che protesse e nascose gli ebrei e dichiarò come propri i loro  gli, religiosi e religiose che li nascosero nei conventi. Ma furono purtroppo casi isolati.
Questa sera portiamo a una metaforica sbarra la persona che,  rmando le Leggi razziali di fatto le promulgò: il Re Vittorio Emanuele III.
Per cercare di capire, partendo dalla più alta carica istituzionale, come una nazione civile e tollerante, considerata la culla del diritto, dove gli ebrei si erano sentiti accettati e rispettati, si poté consegnare ai teorici dell’odio e del razzismo.
Come ha scritto Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, per- ché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.”
Abbia inizio il processo!
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