Page 24 - Il Processo
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in guerra e nelle opere civili in pace fu da lei, dal Suo governo, dalla Sua amministrazione mal ripagato.
Certo la persecuzione degli ebrei (perché le leggi razziali a questo miravano e questo realizzarono, anche se qualche volta in modo dissimulato, nascondendo la realtà agli occhi delle persone meno avvertite, anche perché gli ebrei erano una goccia d’acqua nel mare dei 45 milioni di italiani) non fu iniziata da Lei, ma senza il suo concorso, esse non avrebbero potuto avvenire.
Fu Mussolini personalmente che diede il là, prima in modo cauto, mandando avanti nel luglio del 1938 un gruppo, inizialmente anonimo di una decina di “scienziati fascisti” di cui la stampa, tutta necessariamente allineata al regime, pubblicò un “Manifesto della razza” in dieci punti – tutti deliranti visti con i nostri occhi di oggi, di cui il primo proclamava che la popolazione italiana era “di razza e civiltà ariana” mentre il n. 9 asseriva che “gli ebrei non appartenevano alla razza italiana”.
In quell’agosto minaccioso il Ministero dell’Interno si mise a censire (cioè a schedare) gli ebrei in modo semi clandestino: come recita la circolare ministeriale ai prefetti di tutto il Regno: l’operazione “deve essere compiuta con celerità, precisione e massima riservatezza” (Sarfatti 2017,157)
E veniamo alle leggi infami. Subito dopo Mussolini personalmente si mise a redigere le bozze dei primi due decreti legge razzisti del 5/7 settembre, pubblicati il 12/13. Il primo (n.1381) de niva chi era “di razza ebraica”, espelleva gli ebrei stranieri dall’Italia. Revocava inoltre la cittadinanza agli ebrei che l’avevano acquistata dal 1919. In primis quindi tutti gli ebrei triestini, di cui tanti irredentisti che per l’Italia avevano combattuto nella guerra. E si noti che mentre la bozza sottoposta a Mussolini poneva la data limite al 1933, fu Mussolini personalmente con un tratto di penna a sostituirla con il 1919. Sentenziava in ne, con ulteriore violazione del principio di legalità, come i successivi, che i decreti applicativi sarebbero stati sottratti a qualunque ricorso giudiziale, riservandone la competenza al Ministero per l’interno.
E in contemporanea il decreto legge ancora più dirompente (n.1390) che nell’imminenza del nuovo anno scolastico escludeva, anzi espelleva, dalle scuole di ogni ordine e grado gli alunni ebrei e tutti gli insegnanti.
I due famigerati decreti, inediti per l’effetto sorpresa, la durezza e gli effetti – basti dire che neanche la Germania nazista nel 1938, dopo 5 anni dalla presa di potere di Hitler, precludeva le scuole pubbliche agli alunni ebrei – portano la Sua  rma; di Lei che nel frontespizio  gura bellamente “re d’Italia e imperatore d’Etiopia per grazia di Dio e volontà della Nazione”. Due decreti-legge, che come molti dei successivi, iniziano con la assurda dizione “Ritenuta la necessità urgente e assoluta di provvedere”.
Le testimonianze ci dicono che il sottosegretario all’Interno Guido Buffarini Guidi fu mandato da Mussolini a preavvertirLa agli inizi di settembre alla tenuta di S. Rossore sulle norme pronte per essere emanate, in qualche modo timoroso della Sua reazione. Ma non trovò da parte Sua certo molta resistenza: “ottenuta con più facilità del previsto l’adesione di VE III” (così si legge testualmente in un libro di memorie del  glio), Lei appose subito dopo la Sua formale  rma ai due decreti che Le vennero sottoposti. Lei si limitò a chiedere un trattamento di favore per il dentista della regina, immemore che ebreo era il sen. Vittorio Polacco, che era stato precettore di materie giuridiche di suo  glio il principe Umberto,
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