Page 35 - Il Processo
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REQUISITORIA DEL “PUBBLICO MINISTERO”,
“LA STORIA”, IMPERSONATO DA MARCO DE PAOLIS
L’ingiustizia che stasera trattiamo in questo processo - cercando di attribuirne la responsa- bilità - è stata devastante per il nostro Paese e per la nostra Società. Noi per questo ritenia- mo che la nostra giustizia non può affatto tollerare che sia ignorata, dal momento che non potrebbe sopportare che essa venisse un giorno ripetuta.
Attraverso l’adozione delle leggi razziali, il regime fascista - in consonanza con l’alleato tedesco sulla brutale strada della sopraffazione razzista - si illuse grottescamente (ma pur- troppo in concreto con deleteri e dolorosi effetti, penosamente sopportati dalla comunità ebraica italiana) di appartenere ad una superiore “razza padrona”. Ciò che - però - implica dall’altra parte, come contraltare, una odiosa schiavitù per le altre.
Vittorio Emanuele III, attraverso il cattivo uso che egli fece del potere di cui disponeva per effetto dello Statuto, associò la propria persona a quel Regime di odio e di sopraffazione. Va qui sottolineato come la scelta, - cosciente e consapevole - che egli effettuò di sanziona- re e promulgare le leggi razziste che il governo e il parlamento fascista ebbero a proporgli, lo rende senz’altro responsabile del crimine che oggi gli viene contestato: un crimine con- tro lo spirito della legge fondamentale dello Stato e un crimine contro l’umanità.
E d’altronde, nella lettera che il 27 gennaio del 2005 (soltanto 13 anni fa) Vittorio Emanuele di Savoia scrisse, in occasione delle celebrazioni per la Giornata della Memoria, ad Amos Luzzatto (allora Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) a proposito della questione della promulgazione delle leggi razziali del 1938, l’erede della Casa Reale di Sa- voia affermò:” nulla può giusti care una tale violazione dei diritti umani e della stessa idea di civiltà”.
Se è pur vero che in tale lettera non si menzionano “responsabilità giuridiche o giudiziarie” ma solo morali e politiche, io credo che - al di là del formalismo del lessico - il concetto riconosciuto ed espresso di “violazione dei diritti umani e della idea stessa di civiltà” non lasci spazio ad alcun margine di dubbio.
Abbiamo ascoltato poco fa le testimonianze di coloro che furono i destinatari della appli- cazione delle leggi razziali ed abbiamo quindi potuto constatare quali furono in concreto i tragici e deleteri effetti di queste leggi.
Questo Processo, in verità, ci dà sicuramente l’occasione per ri ettere e allargare il discorso su aspetti che  no ad ora erano rimasti in ombra; su aspetti che, nella migliore delle ipotesi, sono poco conosciuti, ma che spesso, addirittura, sono del tutto sconosciuti.
Anzitutto, credo che ormai possa dirsi del tutto superato il mito di una legislazione che - in fondo - non abbia, poi, inciso molto sulle posizioni individuali degli ebrei in Italia.
In questo senso ci sono due luoghi comuni da sfatare:
· il primo, è che non è affatto vero che l’applicazione di quelle leggi avvenne “all’acqua
di rose”, o “all’italiana” come sovente si sente dire; la propagandata, presunta “bontà”
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