Page 45 - Il Processo
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rivestire i requisiti della generalità e dell’astrattezza, si risolse invece in una degradazione giuridica, sulla base di presupposti fallaci e codardi, di una minima e peculiare parte di popolo che rappresentava, all’epoca dei fatti, appena l’1x1000 della popolazione italiana e che fu tradita, anzitutto, da colui che avrebbe dovuto tenerla in conto e salvaguardarla “con affetto e amore di padre”.
E se è vero che il Re non aveva potere di controllo sui requisiti di necessità ed urgenza per l’adozione di un regio decreto legge, ben Egli avrebbe potuto – e dovuto, in virtù del pro- prio ruolo di “padre” garante nei confronti dei propri “amatissimi  gli” sudditi – vagliarne il contenuto in termini di (in)compatibilità dello stesso con lo spirito e i contenuti della Legge Fondamentale del Regno.
Peraltro, un ri uto da parte del Re di sanzionare e promulgare i provvedimenti di matrice antiebraica che gli venivano sottoposti ne avrebbe impedito l’ef cacia; con l’ulteriore con- seguenza che si sarebbe consentito ai giudici di disconoscere detti provvedimenti come leggi dello Stato e, dunque, di disapplicarli.
Né d’altra parte l’argomento dell’aver scelto il “male minore”, prospettato dalla difesa, può considerarsi suf ciente ad escludere la responsabilità di chi ha consapevolmente orientato la propria condotta.
Per dirla con le parole di Hannah Arendt, infatti, “chi sceglie il male minore dimentica trop- po in fretta che sta scegliendo il male”.
Per tutti questi motivi, la Corte ritiene che l’articolata istruttoria abbia riscontrato l’Atto di Accusa mosso dal Pubblico Ministero contro il Re Vittorio Emanuele III per tradimento allo spirito e ai contenuti della Legge Fondamentale del Regno d’Italia, consumatosi all’atto della promulgazione delle leggi antiebraiche italiane, nella piena consapevolezza che que- ste fossero un atto di discriminazione e persecuzione di una parte del suo popolo. Quanto alla punibilità del Re, la Corte si è inevitabilmente dovuta confrontare con l’art. 4 dello Statuto albertino, ai sensi del quale “La persona del Re è sacra ed inviolabile”, la cui applicazione rende non punibile la pur gravissima condotta ascrittagli nell’Atto d’accusa. Oggi con la nostra Costituzione la conseguenze sarebbero state diverse.
Resta in ogni caso la condanna della Storia: la conseguente scelta della forma repubblicana da parte del popolo italiano, l’introduzione tra i principi fondamentali della Costituzione dell’art. 3 che sancisce l’uguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini, il Giorno della Memoria, la  amma che arde incessante nel sacrario dello Yad Vashem, dimostrano infatti quanto vibrante, estesa e condivisa sia l’esecrazione per atti la cui gravità il tempo non po- trà e non dovrà mai cancellare.
Si ritiene in ne che il dibattimento abbia altresì messo in luce la circostanza che il Re non fu invero l’unico responsabile dell’infamia che si andava perpetrando ai danni degli ebrei, ai quali fu precluso un libero avvenire e  nanco, poco più avanti, a molti, anche la vita.
Molti altri avrebbero infatti potuto parimenti sedere sul banco degli imputati. E certamente l’abominio di quelle leggi deve pure e principalmente attribuirsi al Governo fascista che le propose, ai giuristi e ai funzionari degli uf ci legislativi che le scrissero o controllarono, ai gerarchi e intellettuali che le appoggiarono, a tutti coloro che scientemente prestarono il proprio contributo, anche in forma di delazione, così come alla comunità scienti ca che of- frì consapevole supporto alla propaganda razziale per mezzo del cieco, quanto devastante,
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