Page 9 - Il Processo
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INTERVENTO DEL “PRESIDENTE DELLA CORTE”
IMPERSONATO DA PAOLA SEVERINO
L’ottantesimo anniversario dalla promulgazione delle prime leggi antiebraiche italiane rap- presenta uno spunto per ri ettere su una pagina certamente drammatica della Storia del nostro Paese. Tale ri essione appare oggi ancor più doverosa in considerazione degli epi- sodi, tutt’altro che rari, di intolleranza e discriminazione che l’esperienza contemporanea racconta e che si palesano come possibili indici di una recrudescenza della questione raz- ziale, in questo momento storico principalmente rivolta contro lo straniero o le minoranze in genere (sul presupposto di una loro asserita diversità: razziale, etnica, religiosa, culturale). Si impone dunque una ri essione critica, analoga a quella sollecitata negli anni ’90 dall’aper- tura degli Armadi della Vergogna, armadi che furono chiusi dopo la  ne della guerra, per nascondere processi che erano stati istruiti ma che vennero archiviati prima ancora di una veri ca dibattimentale, l’apertura accolta con comprensibile sdegno dalla società civile. Ri essione che non può prescindere da una memoria storica attenta e consapevole.
E’ infatti compito della società civile quello di vigilare af nché non diventi accettabile ciò che non lo può essere e af nché si levi forte e stentorea l’indignazione verso esecrabili forme di discriminazione e derive xenofobe e antisemite. E se l’immane tragedia dell’olo- causto è sotto gli occhi di tutti per le crude immagini (mai quanto l’indicibile realtà) che la storia ci ha trasmesso, meno esplorato è stato il terreno di ciò che avvenne prima di quella che, con gelida disumanità, venne de nita la soluzione  nale della questione ebraica. Il rife- rimento è in particolare al coacervo di provvedimenti normativi, de nito come legislazione antiebraica (o leggi razziali), adottati in Italia dal 1938 al 1945, che hanno esplicato – anche per il tramite di una miriade di successivi atti amministrativi – effetti tragici e tuttora inde- lebili su decine di migliaia di cittadini italiani, per il solo fatto di essere o essere considerati ebrei. Questa pagina della nostra storia non ha visto il banco degli imputati occupato da alcuno dei protagonisti dell’epoca. Ed è anche per questo che oggi si celebra il processo al Re Vittorio Emanuele III, colui che promulgò quelle leggi, sancendone l’ef cacia.
E tuttavia, anche a prescindere dall’esito del processo che si sta per celebrare, quel che appare preminente è l’interesse per la verità, che rafforza le democrazie liberali e l’impegno a non dimenticare fatti la cui memoria deve rimanere impressa nelle menti di noi tutti e di chi verrà dopo di noi.
Il senso profondo dell’essere cittadini responsabili ci impone infatti di essere vigili, poiché, cito Hanna Arendt, “è nella natura delle cose che ogni azione umana che abbia fatto una volta la sua comparsa nella storia del mondo possa ripetersi” e poiché proprio la storia ci ha insegnato che il “male” può essere anche “banale” e prolifera dove indifferenza, ignoranza e incapacità di condividere le sorti di altri esseri umani allignano, che dobbiamo sempre ri- cordare.
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